IMPIANTI INQUINANTI NEGLI OSPEDALI, SETTE INDAGATI

Ospedale Ruggi d’Aragona di Salerno, Giovanni Da Procida e plesso di Castiglione di Ravello. Sono questi i tre ospedali salernitani per i quali la Procura della repubblica presso il Tribunale di Salerno ha chiesto il sequestro di alcuni impianti per inquinamento per sversamento di acque reflue e immissioni di fumi nell’atmosfera ritenuti nocivi, .
Sette le persone che risulterebbero indagate nell’inchiesta sugli scarichi irregolari: il manager dell’azienda ospedaliera di Salerno, Vincenzo Viggiani; il direttore medico di presidio del Ruggi, Angelo Gerbasio; la direttrice sanitaria dell’ospedale di Via Calenda Giovanni da Procida, Luciana Catena; il direttore amministrativo del Ruggi, Salvatore Guetta, il direttore sanitario dell’ospedale Ruggi, Domenico Della Porta; l’ex manager dell’Azienda sanitaria di Salerno, Antonio Squillante e il dirigente dell’Asl Francesco De Caro.
La procura ha chiesto il sequestro della Centrale Termica e della cappa di produzione dei farmaci chemioterapici dell’Ospedale di Via San Leonardo e i sigilli anche per gli scarichi di acqua del Da Procida e del nosocomio della costiera Amalfitana.
Per il sostituto procuratore Silvio Marco Guarriello, si tratta di impianti non a norma.
Sotto la lente degli inquirenti la cappa di produzione di farmaci chemioterapici dell’ospedale Ruggi d’Aragona di Salerno che non sarebbe a norma e che emetterebbe sostanze nocive arrecando danni di natura ambientale. L’inchiesta nata da una serie di controlli effettuati dai carabinieri del Nucleo Ecologico all’interno dell’Azienda Ospedaliera Universitaria dopo una serie di denunce presentate dalle organizzazioni sindacali hanno permesso di accertare l’emissione di fumi nocivi dalla Centrale Termica e le gravi condizioni in cui versa la cappa di produzione dei farmaci per le chemioterapie.
Presenza di inquinanti invece nei campioni analizzati all’ospedale Da Procida e per il nosocomio Castiglione di Ravello. Il pm ha richiesto il sequestro degli strumenti che arrecherebbero ingenti danni ambientali. Spetterà al Tribunale del Riesame decidere se mettere sotto sequestro le apparecchiature oppure respingere la richiesta della pubblica accusa.

Autore dell'articolo: Barbara Albero