Al cuor non si comanda e mai come in questo momento il vecchio adagio fotografa alla perfezione la situazione sentimentale dei tifosi granata, confusi e delusi ma anche disorientati e divisi anche a causa del modo di agire della società. Dai prezzi ribassati alle promesse a mezzo comunicati stampa, la situazione non è certo ideale se si considera che si è a due mesi dalle celebrazioni per il Centenario della Salernitana e dal campo giungono poche, davvero poche, soddisfazioni. La vittoria sul Cittadella ha rimesso in carreggiata la squadra di Gregucci, ora più vicina alla salvezza, ma gli scenari che erano stati prospettati in avvio di stagione erano ben altri. Se, da metà dicembre in poi, la Salernitana è inesorabilmente scivolata indietro in classifica, colpe e responsabilità non possono imputarsi ai tifosi che, al massimo, possano fare da spettatori, possono dare un sostegno morale, ma non vanno in campo e non possono, dunque, buttarla dentro. Per mesi la Salernitana ha sofferto di mal di gol e solo nelle ultime tre partite si sono visti segnali di risveglio da parte di Djuric, l’acquisto più costoso della campagna di rafforzamento estiva e per troppo tempo non pervenuto, sicuramente per colpe non solo sue. La chiarezza a tutto tondo, dal campo alla scrivania, è stata la grande assente della stagione, ma il discorso potrebbe allargarsi anche all’ultimo quadriennio. Chiarezza prima di tutto di idee, perchè, in fondo, da quando è in serie B, la Salernitana continua a cambiare in corsa allenatori e calciatori, segno che le scelte iniziali non si sono rivelate azzeccate. La chiarezza servirebbe anche nei rapporti con la piazza e ci riferiamo semplicemente all’aspetto della comunicazione. Il presidente, in questo caso i due proprietari, fissano gli obiettivi e d’intesa con la dirigenza stabiliscono la strategia per perseguirli e, proprio al fine di ottenere il consenso ed il sostegno della tifoseria, divulgano le loro intenzioni. Non sempre, però, ciò è accaduto a Salerno tanto è vero che nelle ultime stagioni la piazza ha accordato fiducia in avvio, rispondendo al cuore più che alla ragione, ma poi si è progressivamente allontanata perchè ha visto non ripagata questa fiducia. E sabato scorso, contro il Cittadella, la risposta freddina della stragrande maggioranza della tifoseria è stata la conferma della distanza che si è creata, di una frattura che resta evidente e che viene testimoniata anche dai numeri. Meno di tremila presenze allo stadio, la stragrande maggioranza degli abbonati rimasta a casa: ci sarebbero tutti gli elementi perchè i patron procedessero ad un approfondito esame di coscienza. Non bastano gli incontri, non bastano le lettere, occorrono i fatti. Salerno chiede da tempo scelte precise, segnali di discontinuità, progetti ad ampio respiro. Il tutto accompagnato anche da una ventata d’aria nuova, da un rinnovamento che coinvolga anche il management perchè un certo modo di fare calcio non attecchisce più, non gratifica e non coinvolge la piazza. E’ legittimo che la proprietà decida in totale autonomia cosa fare, se continuare su una certa strada o cambiare rotta, come è legittimo che decida di confermare o meno l’attuale struttura dirigenziale e tecnica. Tuttavia, è anche legittimo che la maggioranza silenziosa, quella che va, in verità sempre in minor numero, allo stadio, e che è totalmente disinteressata a tutto ciò che esula dal fatto agonistico, meriti attenzione da parte della proprietà che, forse, non ha compreso, perchè distante fisicamente da Salerno, che l’Arechi potrà più o meno riempirsi solo nella misura in cui si sarà riusciti a far breccia nel cuore di chi si sente tradito e non ha più intenzione di concedere fiducia a scatola chiusa.
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