Forse la settimana di incertezze, misteri e polemiche, che ha preceduto la gara, ha perfino giovato al Monza. Giunto a Salerno senza i famosi otto del casinò, oltre a due infortunati, Brocchi ha avuto minori possibilità di scelta dal punto di vista quantitativo, ma non qualitatitivo. Basti pensare che in panchina c’erano Barberis, due promozioni in A col Crotone, e Balotelli, non proprio l’ultimo arrivato. Il traballante trainer brianzolo ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di cambiare modulo, optando per un 3-5-2 più operaio per mettersi a specchio con la Salernitana. E, quando ciò accade, se la squadra che ha sulla carta maggiore qualità è disposta anche a correre, a lottare, a sacrificarsi, mettendo da parte l’atteggiamento un po’ superficiale e presuntuoso delle gare precedenti, l’inerzia del match si sposta ineserobilmente da una parte ben precisa. E l’incomprensione tra Gyomber e Di Tacchio, da cui è scaturito il gol di Frattesi è stata l’emblema della difficoltà con cui la Salernitana, priva di Castori e privata, va detto, in avvio di gara dall’arbitro Abbattista di un rigore evidente, ha tenuto il campo. Costretta spesso a rincorrere, sfiancata dal palleggio meno statico e più ficcante rispetto al solito degli avversari, la squadra granata ha avuto il merito di reagire subito e di trovare un bel gol con Gondo. Poi, però, forse condizionata anche dal risultato del Lecce, la Salernitana è rimasta a metà del guado, indecisa se provare a vincere o se accontentarsi del pareggio. L’errore di Belec, che ha lasciato nella disponibilità di Balotelli, appena entrato, un pallone che avrebbe dovuto allontanare con più decisione, ha chiuso i giochi. La sconfitta, però, è figlia anche di errori precedenti ai novanta minuti. Tutto l’ambiente si è lasciato coinvolgere dal caso dei calciatori del Monza andati al casinò e si è finito, anche a causa di questo episodio, per caricare troppo la partita. Tutta esperienza, di cui far tesoro per il finale di stagione.
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