La Salernitana da ieri è ultima in classifica nel campionato di serie A. Con una incredibile vittoria in rimonta ai danni del Frosinone, da 0-3 a 4-3, il Cagliari sale a sei punti, ottenendo la prima vittoria in campionato, obiettivo che Salernitana ed Udinese hanno dovuto ancora rimandare. E siamo alla decima giornata di un campionato che per i granata di Inzaghi ora propone sfide sempre più difficili per il valore degli avversari. Già sabato prossimo, ad esempio, ci sarà alle ore 15 all’Arechi il derby col Napoli di De Laurentiis. Il patron azzurro in estate aveva tentato Paulo Sousa, scavando un solco nei rapporti tra il portoghese e Danilo Iervolino che, però, stima molto il suo collega più esperto ed ha condiviso con lui la battaglia per il canale televisivo della Lega, persa con tanti rimpianti legati alla cecità degli altri colleghi presidenti, attratti dall’uovo oggi più che dalla gallina domani. Bisogna, a volte, anche sapersi accontentare. Forse, tornando alla scorsa estate, qualche rimpianto sarà coltivato dal numero uno granata, sempre più convinto di aver capito il calcio e le sue dinamiche, al punto da poter anche rinunciare a figure come quella di un direttore generale operativo e dotato di poteri decisionali o di un direttore sportivo con pieni poteri sul mercato. Non lo è stato, specie durante la scorsa campagna acquisti, Morgan De Sanctis che ha passato intere settimane a mediare tra la proprietà e Paulo Sousa, cercando di far coesistere le forti personalità dell’una e dell’altro che erano ormai giunte allo scontro aperto, culminato con la denuncia del portoghese delle a suo dire difficili condizioni climatiche nell’albergo scelto per il ritiro di Rivisondoli, causa la mancanza di aria condizionata. Mercato bloccato e legato al centesimo alle cessioni: questa fu la risposta di Iervolino che, infatti, ha dato l’ok alle operazioni portate a termine solo dopo Ferragosto e solo perché le stesse erano state compensate da alcune uscite e dal risparmio, almeno parziale, degli ingaggi di Sepe e Bonazzoli cui a settembre inoltrato si sarebbe aggiunto quello di Valencia. Un mercato fatto di scommesse a costi contenuti, compensato, almeno secondo il pensiero del presidente, dai riscatti di Pirola e Dia e dal rinnovo di Ochoa, e dalla conferma di gran parte della rosa della stagione precedente. Tuttavia, se in mediana le non conferme di Nicolussi Caviglia, Vilhena e Crnigoj erano state compensate dagli innesti di Legowski e Martegani, in difesa non era stata colmata la casella lasciata vuota da Troost- Ekong né era arrivato l’atteso vice Bradaric. In attacco, poi, è vero che Piatek aveva offerto un contributo realizzativo modesto, ma aveva comunque permesso a Dia di godere di spazi invitanti per segnare tanti gol. Pur avendo seguito da un anno Krstovic e Dovbyk, per ragioni di budget la Salernitana aveva ripiegato sui giovani Ikwuemesi e Stewart, due prime punte tutte da costruire ad un certo livello, accompagnandovi due esterni d’attacco come Cabral e Tchaouna. In quel ruolo sarebbe potuto arrivare Soulè dalla Juventus, ma solo in prestito, e la linea della proprietà non prevedeva questa formula. L’errore di De Sanctis è stato quello di non forzare mai la mano. Perché nel caso di Soulé era di tutta evidenza che il valore del calciatore avrebbe giustificato uno strappo alla regola. Ed allora, se, come da più parti si vocifera con una certa insistenza De Sanctis pagherà, ciò avverrà anche per aver troppo spesso subito e non deciso la linea da seguire sul mercato, in ossequio alla visione che il presidente ha del ruolo di ds, ossia quello di suggeritore. A febbraio scorso, quando l’esonero di Nicola appariva come inevitabile, fu proprio De Sanctis a caldeggiare l’ingaggio di Sousa, riuscendo a convincere Iervolino che in estate s’è sentito tradito dal portoghese. L’ingaggio di Inzaghi è stato deciso dal presidente senza se e senza ma. Ed il ruolo di De Sanctis ha subito un evidente ridimensionamento. Iervolino sta valutando la prossima mossa, ma sa che bisognerà arrivare a gennaio con una classifica che consenta ancora di sperare, perché altrimenti nemmeno una nuova rivoluzione di gennaio potrebbe bastare.
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