PIÙ CLIENTI MA MENO ENTRATE. LA STRANA “CRISI” CHE COLPISCE L’ECONOMIA

Sembra un paradosso, ma invece succede. Ci sono più clienti, il pubblico di un settore si allarga, eppure si registra un calo delle entrate. Ed è un trend che si nota in diversi comparti, spesso molto lontani tra loro: la grande distribuzione e l’intrattenimento, la ristorazione e la sanità.

Per capire cosa succede dobbiamo partire da un ragionamento puramente economico e matematico. Il motivo di questo trend è legato alla diminuzione del valore medio della transazione o al continuo cambiamento di costi e condizioni di mercato. Ma proviamo a capire meglio facendo qualche esempio e  partiamo dal mondo dei supermercati, dove i clienti entrano, attratti magari da promozioni e sconti, ma poi non spendono a causa dell’inflazione, dei costi sempre più alti di generi alimentari anche basilari. Così lo scontrino medio si abbassa, nonostante ci siano più persone all’interno del negozio. Lo stesso fenomeno era stato registrato questa estate a Venezia, quando il Presidente dell’Associazione Piazza San Marco, Setrak Tokatzian, aveva lanciato l’allarme: “E’ come vivere in uno stato di calamità. Un fenomeno mai visto prima: un sovraffollamento che però non porta benefici economici alla città”. La città è piena, ma nessuno spende. Le vie sono affollate, ma i bar vuoti. O quando sono pieni lo sono di clienti mordi e fuggi, che consumano al volo, e poco, per poi scappare. “un tempo si vedevano turisti con borse firmate uscire dai negozi di Piazza San Marco. Oggi è raro – si legge su Repubblica – Per non parlare di intere famiglie che si dividono i pani o bere e le file alle fontanelle per prendere dell’acqua perché non si compra più nemmeno quella. Mi domando ma dov’è la bella gente, quella interessata alla città, quella che porta davvero qualcosa alla città?”.

Anche il mondo del gaming sta vivendo lo stesso paradosso: i giocatori sono sempre di più e trascorrono anche più ore immersi nei titoli preferiti, ma le entrate per singolo utente calano. A dirlo è l’analisi di Bain & Company, che spiega come ciò dipenda da diversi fattori. Da un lato, il prezzo dei giochi tradizionali è rimasto sostanzialmente invariato da vent’anni, attorno ai 60-70 dollari, mentre sono esplosi i titoli “free-to-play” che garantiscono centinaia di ore di intrattenimento senza costi iniziali. Questo modello ha spostato il peso economico su una minoranza di utenti disposta a pagare per contenuti extra o funzioni speciali. Dall’altro, gli acquisti in-game non sempre sono apprezzati, rischiando di ridurre ulteriormente la spesa. Alcune aziende stanno sperimentando abbonamenti, ma resta da capire se basterà a invertire la tendenza. La sfida per il settore sarà quindi ripensare la monetizzazione e puntare su comunità e creatività per mantenere sostenibile il business. Oppure, come sta facendo il mondo del gioco d’azzardo pubblico e legale, guardare a nuove strategie di fidelizzazione. La chiave, in questo senso, sono i bonus senza deposito disponibili online, che offrono giri gratuiti e sessioni di gioco senza dover depositare denaro.

Magari è qui che devono guardare tutti quei settori in crisi. Dalla sanità, dove le persone continuano ad ammalarsi ma scelgono per problemi economici di non spendere o limitarsi a controlli superficiali, alle piattaforme di streaming, dove gli utenti crescono ma sfruttano solo la versione gratuita.

Bisogna trovare nuovi modi per parlare al pubblico, per fidelizzarlo, per rispondere alle sue esigenze. E per contrastare una crisi che sembra paradossale ma che invece è reale.

Autore dell'articolo: Redazione