Il futuro della Salernitana non è un mistero. E questo è già un buon punto di partenza dal momento che Claudio Lotito ha ribadito, nel corso di un’intervista rilasciata ad alcuni organi di informazione, sia la conferma di Bollini in panchina sia la volontà di dare più spazio ai giovani, pescando in casa Lazio in prima battuta. Tutto bene, tutto perfetto e legittimo, se non fosse che il patron non sia riuscito a trattenere quell’impulso di chiamare in causa sempre il pubblico di fede granata, lamentando una carenza di affetto e partecipazione che non sembra trovare riscontro nella realtà. O meglio. La realtà dice che a Salerno la passione non è mai venuta meno, forse, ma comunque di rado, è venuta meno la pazienza ma solo dopo aver ingoiato tanti bocconi amari. Mai contestata a prescindere, l’attuale proprietà è stata, semmai, stimolata in alcuni momenti storici a pensare più in grande, ad investire in rapporto al potenziale della piazza, alle aspirazioni ed anche alla risposta al botteghino. Perché su un punto non si può discutere: pur non avendo avuto una squadra che lottasse per i primissimi posti della classifica, negli ultimi due campionati di B il pubblico salernitano ha garantito incassi e presenze, ma, soprattutto, un sostegno morale alla squadra di cui la stessa si è spesso giovata per portare a casa punti pesanti. Insomma, al di là dei programmi, che, per una volta, sembrano più chiari ed anche condivisibili nella misura in cui in granata arriveranno giovani di valore e calciatori esperti ancora nel pieno delle loro forze così da costituire quel famoso mix vincente che è nei sogni di tutti, ciò che dispiace è che Lotito non abbia ancora una volta risparmiato qualche buffetto alla tifoseria, che andrebbe, invece, ringraziata ed accarezzata perché resta la forza trainante, il cuore pulsante che muove tutto. Senza tifosi, infatti, il calcio sarebbe un fenomeno dalle dimensioni molto ridotte, girerebbero meno soldi, ci sarebbe minore visibilità. Un grazie senza se e senza ma, insomma, non avrebbe guastato. Se una proprietà vuole investire, deve farlo a prescindere. Non si può prima incassare e poi spendere. Non funziona così, almeno non sempre e non proprio così. Lotito non le chiama bacchettate, forse le interpreta come sollecitazioni, frecciatine tese a stimolare, a pungolare l’orgoglio di una piazza che ha voglia di sognare e di vincere ed alla quale non si fa altro che chiedere o, comunque, far notare immancabilmente cosa sia stato fatto, cosa sia stato dato. Nel 2011 la Salernitana era scomparsa dalla geografia calcistica nazionale ed è stato merito di Lotito e Mezzaroma averla riportata in pochi anni in serie B. Questa è storia ed in ragione di questa storia Salerno ha ringraziato e pagato, nel senso che ha sempre garantito incassi importanti che in altre realtà sono autentiche chimere. Ora, però, c’è da mettere un punto, perchè la storia si fa giorno per giorno, attraverso azioni e fatti concreti. E, dunque, la società granata deve scrivere nuove pagine, senza più guardare indietro ma aprendosi verso il futuro e chiedendo ai tifosi di continuare a starle accanto come avvenuto finora, ma senza lamentare un calo della passione limitando il tutto al solo dato numerico e, per giunta, senza provare a mettersi nei panni del tifoso che ha appena visto Spal e Benevento, due matricole, approdare in A al primo tentativo, o Cittadella e Carpi, non certo espressioni di metropoli e piazze particolarmente calde e blasonate, lottare per la promozione. Fare calcio a Salerno è un po’ diverso che in realtà minori, ma questo non è un segreto. Va da sé che onori ed oneri siano amplificati, ma, in fondo, è proprio questo il bello.
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