Il 30 maggio è un giorno triste e maledetto per i tifosi granata. Ventisei anni fa, infatti, Agostino Di Bartolomei decideva di togliersi la vita, lasciando sgomento tutto il mondo del calcio. A dieci anni dalla sconfitta ai rigori della sua Roma, all’Olimpico, nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool e a quasi quattro anni dal suo addio al calcio, avvenuto il 3 giugno del ’90, giorno della promozione in B della Salernitana, il campione romano chiudeva la sua parabola terrena con un gesto estremo. Pochi giorni dopo, nel suo Olimpico, la tifoseria salernitana lo avrebbe ricordato in occasione della gara di playoff contro la Lodigiani con uno striscione che oggi come allora non si può leggere senza sentire gli occhi riempirsi di lacrime. Quella domenica di inizio giugno, Salerno si era trasferita in massa nella Capitale per dare il nuovo assalto alla serie B, ma anche per rendere omaggio al grande Ago, il campione che per amore aveva chiuso la sua carriera in una città di provincia, lontano dai riflettori e dai campi prestigiosi della massima serie. Agostino Di Bartolomei s’era sentito, nonostante il suo carattere schivo, accettato e stimato dai salernitani, che ne avevano compreso la natura e che si erano affidati al suo carisma ed alla sua classe per conquistare quel traguardo che pareva stregato. Ed a loro il capitano aveva regalato la gioia più grande, quella promozione attesa oltre venti anni e conquistata grazie ai suoi gol ed alla sua leadership silenziosa e pesante insieme. Il ricordo di Agostino Di Bartolomei resta vivo e forte, specie a Salerno, dove il campione romano fu amato incondizionatamente e dove pose fine alla sua carriera con quell’ultimo giro di campo sotto la pioggia, con il suo stile inconfondibile, senza fronzoli e senza divismi. E’ stato l’ultimo capitano della Salernitana al Vestuti, uno dei più grandi ad aver calcato quel terreno di gioco. Dietro quel sorriso malinconico c’era un mondo da scoprire. Il mondo di Ago è fatto di ricordi e di esempi che non moriranno mai.
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