Sono passati 19 anni da quel maledetto 24 maggio del 1999. Un’alba di fuoco, fumo e fiamme sul treno che riportava i tifosi della Salernitana delusi e affranti dall’amara retrocessione dei granata consumatasi a Piacenza. Il convoglio ferroviario che avrebbe dovuto riportarli indietro, a casa, dalle loro famiglie. Quel treno carico come non mai era quasi giunto a destinazione quando le fiamme divamparono nella galleria di Santa Lucia, lasciando una scia di terrore e di morte. Un rogo devastante e vorace si prese quattro giovani vite, quattro ragazzi che avevano viaggiato con la speranza di assistere ad un’impresa sportiva solo poche ore prima e che stavano tornando con il cuore spezzato dalla mancata vittoria dei granata di Oddo. Ciro Alfieri, Vincenzo Lioi, Giuseppe Diodato e Simone Vitale non avrebbero fatto ritorno a casa, non avrebbero più abbracciato i loro familiari né commentato con gli amici l’esito della partita a cui avevano assistito. Su quel treno maledetto accadde di tutto, di sicuro imprudenza e fatalità ci misero lo zampino e quando si provò ad evitare la tragedia era già troppo tardi. Ci provò con coraggio anche Simone Vitale, pallanuotista e vigile del fuoco, che fu sopraffatto dalle fiamme come gli altri tre giovanissimi tifosi. Quella tragedia ha segnato una linea di confine tra un prima ed un dopo, incidendo profondamente sulla comunità salernitana e sulla tifoseria. Dopo quel terribile epilogo di fuoco e morte, in tanti hanno rinunciato a seguire le gare della Salernitana dal vivo, come se il rito della partita allo stadio avesse perso valore, come se il fascino del suo richiamo si fosse spento, esso sì, contrariamente a quelle maledette fiamme. Diciannove anni dopo Salerno non dimentica. Lo fa con la forza composta del silenzio, con la preghiera che in tanti anche oggi dedicheranno a quei quattro ragazzi, con le frasi scolpite su striscioni che sono come pietra. Indelebili. Come ogni anno non mancherà il ricordo da parte della Salernitana che ha sempre dedicato un pensiero speciale a quelle quattro vite spezzate. Quel 24 maggio del ’99 resta una data indelebile nella memoria collettiva, una ferita ancora aperta, destinata a restare tale. Insanabile. Oggi come allora il dolore e lo sgomento sono forti. Da quel giorno tanto è cambiato nell’approccio al calcio e nel modo di viverlo di una città che sul finire degli anni novanta ha vissuto emozioni fortissime, toccando picchi mai più raggiunti in seguito. La passione della gente di Salerno per la sua squadra di calcio non s’è attenuata, ma è sicuramente stata segnata da quella tragedia che seguì di un anno appena l’alluvione di Sarno del maggio ’98. Allora fu la furia dell’acqua a spargere distruzione e morte tanto che l’attesa festa per la promozione in A della Salernitana di Delio Rossi venne annullata e fu limitata ad un giro di campo all’interno dell’Arechi. Due tragedie a distanza di dodici mesi l’una dall’altra, diversissime ma entrambe capaci di lasciare un segno indelebile nella memoria collettiva e di incidere sulla storia della Salernitana. Diciannove anni dopo quel rogo, il tempo pare essersi fermato. Nessuno ha dimenticato. Nessuno intende farlo.
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