C’era una volta la Salernitana brutta e vincente, capace di arrampicarsi fino al terzo posto in classifica, sebbene con una partita in più rispetto a molte rivali, proprio grazie al sofferto successo sullo Spezia targato Bocalon. Era la squadra di Stefano Colantuono che a metà novembre toccava il punto più alto in classifica nel giorno in cui si esprimeva nel modo peggiore sul campo. Una vittoria striminzita contro un avversario che, seppure in dieci per più di un tempo, aveva dominato la partita al punto che dagli spalti piovvero fischi e critiche in abbondanza per il tecnico e la squadra granata. Eppure ci fu chi rimandò al mittente quei fischi e quelle critiche, esibendo quella ingannevole classifica come una sorta di salvacondotto rispetto agli errori commessi in fase di costruzione della squadra ed anche rispetto ai limiti evidenti sul piano del gioco. Lo Spezia aveva giocato meglio, ma, in fondo, cosa importava se poi alla fine aveva perso ed era indietro in classifica? Fu in quel preciso momento che l’avventura di Colantuono sulla panchina granata imboccò una strada senza uscita, o meglio con una sola possibile uscita, quella dell’addio per tanti motivi. Ed infatti, dopo la lunga sosta sarebbero arrivate tre sconfitte e le dimissioni del trainer romano, capace, comunque, di ottenere il massimo da un gruppo con lacune e limiti che quella classifica aveva celato solo agli occhi di chi non voleva vedere. A La Spezia stasera si chiuderà il cerchio perchè un girone dopo la squadra di casa è in piena lotta playoff e la Salernitana è confinata in un limbo in cui ora più che mai bisogna augurarsi che possa restare. Equidistante dalla zona alta come da quella che scotta, ora, però, la squadra granata deve guardarsi soprattutto alle spalle. Del resto, un solo punto nelle ultime quattro partite è un ruolino di marcia che segnala un evidente stato di crisi e che richiede massima allerta onde evitare il peggio. A La Spezia, dunque, bisognerà giocare con la rabbia e la determinazione tipiche di una squadra che deve salvarsi. Un girone dopo, insomma, è tutto cambiato e non certo in meglio. Sarebbe bastato saper ascoltare quei fischi e leggere i segnali inequivocabili lanciati dal campo per evitare tutto ciò. Sarebbe bastato volerlo, ma, forse, è proprio questo il punto.
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