CALCIO. E’ BRACCIO DI FERRO SUGLI STIPENDI

Calciatori senza stipendio a Marzo, ma è subito polemica con l’Assocalciatori. Per aprile e l’imminente futuro si deciderà in base a tempi e modi di ripresa. L’assemblea di Lega B svoltasi ieri in videoconferenza ha stabilito le linee guida per l’emergenza coronavirus: tutti d’accordo sul taglio degli ingaggi, tranne che… i diretti interessati. L’Aic infatti ha definito “vergognosa e irricevibile” la strada tracciata dalla Lega di massima serie su cui si è inserita anche la B. Lotito e tutti i presidenti della serie A vorrebbero il taglio di due mensilità se il campionato dovesse ricominciare e addirittura di quattro se l’attività non ripartisse.

Sarà comunque battaglia. Anche in cadetteria. Allo studio una riduzione variabile, a seconda di ciò che accadrà a maggio o giugno. Se il campionato ricominciasse, i club vorrebbero comunque proporre agli atleti un ritocco verso il basso delle restanti cifre. Qualora non si verificassero le condizioni per la ripresa, l’estrema soluzione potrebbe anche portare a un taglio netto. L’AIC ha diramato una lunga nota: “Il comportamento delle leghe è incomprensibile. La volontà, neanche tanto implicita, di voler riversare sui calciatori, mettendoli in cattiva luce, l’eventuale danno economico derivante dalla crisi, fa riflettere sulla credibilità imprenditoriale di chi dovrebbe traghettare il calcio in un momento di difficoltà. Pensare che si debba ricorrere ad una delibera assembleare per decidere di non pagare più nessuno lascia senza parole. Gli stessi presidenti che vorrebbero decidere la sospensione degli emolumenti hanno mandato in campo le squadre fino al 9 marzo, fatto allenare i calciatori fino a metà marzo e tuttora monitorano gli allenamenti individuali svolti secondo le direttive dei tecnici”.

Secondo l’associazione presieduta da Tommasi, “la vera intenzione è non pagare. Il fatto lascia allibiti, visto che parecchie squadre sono già sedute con i loro calciatori per discutere come aiutarsi”. Il timore di molti presidenti è di non riuscire a riprendere, cosa che genererebbe buchi catastrofici nei bilanci. Per i dipendenti ordinari, cioè coloro che non hanno un contratto collettivo regolato a livello federale, buona parte delle società pensa di ricorrere alla cassa integrazione. Il decreto “Cura Italia” lo prevede. Molti hanno contratti base che si aggirano attorno ai mille euro, tra inservienti, magazzinieri, impiegati a vario titolo.

Intanto si attende anche una persa di posizione dei medici che operano nel settore calcio, quanto meno sulle procedure da svolgere in caso di ripresa e all’attesa minima prima di poter riprendere i lavori in gruppo. La commissione è chiaramente consultiva e non può che attenersi alle primarie prescrizioni del Governo. Ne passerà di tempo prima di rivedere il pallone rotolare.

Autore dell'articolo: Eugenio Marotta