CRESCENT: NE’ VINTI, NE’ VINCITORI –

Su un dato ormai non c’è più discussione. A prescindere da quelli che saranno gli sviluppi del caso, il Crescent non potrà essere demolito, abbattuto. Resterà lì, per sempre, in attesa di una soluzione che salvaguardi gli interessi dei privati che hanno investito capitali propri e del pubblico, comunità salernitana in modo particolare, che oggi è costretta a convivere con quell’opera a metà. Il Riesame non ha condiviso, sul punto, l’orientamento del Tribunale sul ripristino dello stato dei luoghi e sulla demolizione del Crescent in caso di condanna dei costruttori del Crescent rifacendosi alla sentenza del Consiglio di Stato del 26 marzo 2014 che ha risolto negativamente la questione, escludendo che nel caso del Crescent operi il divieto di sanatoria. Addirittura i giudici del Riesame considerano un “paradosso” l’emissione di sanzioni amministrative, come la demolizione, da parte del giudice penale, il quale – si legge nell’ordinanza – “deve adeguarsi anche nel caso in cui non la condivida”. In definitiva quella emessa dal Tribunale del Riesame di Salerno è un’ordinanza che accontenta e scontenta tutti perchè se da un lato conferma il sequestro del Crescent, fermo ormai da due anni, dall’altra offre una possibile via d’uscita all’ATI che si è assunta l’onere e l’onore di realizzarlo. Il punto che sancisce con chiarezza la vicenda riguarda gli oneri di urbanizzazione. Secondo i giudici i privati hanno pagato meno di quanto avrebbero dovuto in contrasto con il Puc, così da far ricadere sui contribuenti, i cittadini salernitani, i costi aggiuntivi. Evidente, in questo caso, anche l’inerzia del Comune di Salerno, accusata di non aver proceduto ad “effettuare il calcolo degli oneri di urbanizzazione secondo le prescrizioni del Puc e di averlo omesso senza alcuna motivazione”. Gli oneri di urbanizzazione sottopagati dalla Crescent srl riguardano anche la parte di piazza della Libertà che, dopo il progetto ampliato da Bofill, avrebbe determinato un aumento dei costi che, in realtà, non si è mai concretizzato. I costruttori si sono comunque già impegnati, nella memoria difensiva, a chiedere una fideiussione per pagare quanto dovuto, nel tentativo di ottenere un dissequestro fermo restando le altre due ipotesi in campo: il ricorso per Cassazione o l’abbandono definitivo del progetto attivando nei confronti del Comune la clausola compromissoria che costerebbe alle casse dell’ente la riparazione del danno prodotto ai privati che al momento si aggirerebbe intorno ai 50 milioni di euro. 

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Autore dell'articolo: Marcello Festa