CRIMINALITA’ ORGANIZZATA IN PROVINCIA DI SALERNO, PUBBLICATA LA RELAZIONE SEMESTRALE DIA

La Direzione investigativa antimafia ha pubblicato la relazione semestrale relativa all’attività della criminalità organizzata in Italia nel primo semestre del 2019.

Questa la situazione nel territorio della provincia di Salerno:

La provincia di Salerno presenta una situazione generale riferita alla criminalità organizzata particolarmente disomogenea, con aspetti e peculiarità che variano in ragione della sensibile diversità geografica, storica, culturale,
economica e sociale che connota le diverse zone della provincia (Agro Nocerino-Sarnese, Valle dell’Irno, Costiera
Amalfitana, capoluogo, Piana del Sele, Cilento, Vallo di Diano). Non si registrano significativi cambiamenti sotto
il profilo degli equilibri e dei principali interessi delittuosi dei sodalizi locali.
Permangono importanti collegamenti con consorterie originarie del napoletano e del casertano, con le quali i clan salernitani condividono interessi e sinergie criminali. Un riscontro è dato dall’operazione, conclusa il 27 aprile 2019, con l’esecuzione, da parte di militari dell’Arma dei carabinieri di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 2 affiliati al clan PECORARO-RENNA di Battipaglia, un affiliato al gruppo CESARANO di Castellammare di Stabia e un affiliato alla famiglia MALLARDO di Giugliano in Campania, responsabili, con ruoli diversi, dell’omicidio di un pregiudicato, avvenuto nell’agosto 2015, a Pontecagnano (SA): tali accordi, non infrequenti, sono finalizzati a rendere più complesse le indagini finalizzate a individuare autori e movente del delitto. Nel caso specifico, la vittima, uscita dal carcere in quell’anno, aveva ripreso a gestire attività di trasporto su gomma, entrando in concorrenza con esponenti del clan PECORARO-RENNA che, sin dal 2010, avevano manifestato interessi economici nello specifico settore. Le stesse sinergie sono riscontrate anche tra gruppi locali,specie nel caso in cui siano risultate funzionali ad una migliore gestione delle attività criminali. L’azione repressiva di Magistratura e Forze di polizia ha determinato, di fatto, un affievolimento dell’effettiva “operatività criminale” dei clan nelle diverse realtà territoriali. Nei vuoti di potere conseguenti alla citata azione di contrasto, si sono inseriti gruppi criminali minori, non sempre identificabili come sodalizi di chiara matrice camorristica, orientati comunque alle tipiche attività delle associazioni mafiose: traffico di stupefacenti, estorsioni, usura, detenzione di armi, rapine e truffe ai danni delle assicurazioni e di enti pubblici. Anche questi gruppi, al pari degli omologhi napoletani, manifestano la loro presenza sul territorio attraverso violente azioni intimidatorie. Le relazioni che instaurano con altri sodalizi locali sono spesso caratterizzate da equilibri interni eterogenei e precari.

Queste eclatanti azioni dimostrative non fanno parte del modus operandi delle organizzazioni criminali di maggiore spessore e di più datato radicamento, che invece hanno sviluppato, accanto agli affari illeciti “tradizionali” (traffico di sostanze stupefacenti, in particolare), più incisive tecniche di penetrazione nel tessuto socio-economico, politico e imprenditoriale locale, finalizzate a controllare alcuni settori nevralgici dell’economia provinciale (costruzione di opere pubbliche, forniture di servizi, gestione dei servizi per l’ambiente ed altro di similare) anche attraverso il condizionamento di Enti territoriali locali e Comuni. I loro affiliati, memori di passate esperienze giudiziarie in cui sono rimasti coinvolti direttamente o per il tramite di stretti congiunti, prediligono una minore visibilità, dedicandosi ad attività illecite apparentemente di minor allarme sociale, avvalendosi di pochi fiduciari.
Un tratto comune è quello dell’“impresa a matrice criminale di seconda generazione”. In particolare, i figli di soggetti riconducibili alla camorra del decennio 1980-1990, colpiti negli anni da provvedimenti di sequestro e confisca, hanno intrapreso attività economiche in proprio, impiegando capitali dei quali non è evidente l’origine illecita, avvantaggiandosi della forza pervasiva della famiglia. Nel Capoluogo, nell’Agro Nocerino-Sarnese, nella Costiera Amalfitana, nella Piana del Sele e nel Cilento. In tale contesto si inserisce la perdurante pratica dell’usura e dell’esercizio abusivo del credito, nonché il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti approvvigionati da fornitori provenienti prevalentemente da provincie di Napoli. Il traffico e lo spaccio di stupefacenti sono tra le attività delinquenziali maggiormente diffuse in tutta la Provincia, nonché il prioritario canale di finanziamento e arricchimento. Le attività di contrasto al fenomeno hanno documentato anche l’esistenza di coltivazioni, sebbene non particolarmente estese, di droghe leggere (marijuana) destinate al mercato locale. Altri reati in grado di assicurare profitti soddisfacenti sono le rapine, anche ai danni di furgoni portavalori, e le truffe ai danni dello Stato e delle assicurazioni. Anche l’infiltrazione negli appalti – prevalentemente per la realizzazione di opere pubbliche, ma anche per la fornitura di servizi (particolare delicatezza riveste quello di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani) o per la manutenzione di infrastrutture e di beni del demanio – continua a rappresentare un settore molto esposto. Al riguardo, il 14 maggio 2019, militari dell’Arma dei carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emesse dal Tribunale di Vallo della Lucania (SA), nei confronti di 4 persone, ritenute responsabili, a vario titolo ed in concorso, del reato di istigazione alla corruzione. Le investigazioni hanno disvelato la promessa di una somma di denaro al responsabile di un ufficio del Comune Pollica (SA), al fine di ottenere
l’aggiudicazione della gara relativa all’affidamento dei lavori per il rifacimento della rete fognaria.

Il 16 maggio successivo, i Carabinieri hanno eseguito un provvedimento cautelare, a conclusione di un’altra indagine (operazione “Kamaraton”) condotta della Procura della Repubblica di Salerno, che ha riguardato l’operatività in seno al comune di Camerota (SA) di un’associazione per delinquere, operante dal 2012 al 2016, finalizzata alla commissione di un numero indefinito di reati contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica, tra i quali l’illecita gestione di concessioni, autorizzazioni, appalti e pubblici servizi, assegnati a imprenditori amici o a società a parziale partecipazione pubblica, in cambio di denaro o altre utilità.
Per quanto attiene alla dislocazione territoriale delle consorterie, possono individuarsi tre macro-aree.
La prima è costituita dall’area urbana salernitana, dove è in atto un assestamento degli equilibri del potere criminale, legati al fenomeno della droga e dove il porto commerciale assume un ruolo rilevante nella definizione del dispositivo di contrasto a illeciti quali il traffico internazionale di stupefacenti e di sigarette, in cui spesso risultano coinvolte organizzazioni criminali di altre aree della Penisola.
La seconda è rappresentata dall’agro Nocerino-Sarnese, storicamente più permeato dalla presenza di consorterie di tipo camorristico, in rapporti con i clan della limitrofa area vesuviana, dedite principalmente al traffico di sostanze stupefacenti e ai reati contro il patrimonio (estorsioni, usura e rapine), con episodi di intimidazione nei confronti dei commercianti della zona.
La terza comprende la Costiera Amalfitana, il Cilento e il vallo di Diano, zone molto estese e contraddistinte da rinomate località turistiche marittime e montane, caratterizzate da una presenza di organizzazioni criminali attive, in modo particolare, nel settore delle costruzioni. In particolar modo il Cilento e il Vallo di Diano – oltreché essere luoghi prescelti per la latitanza da parte di camorristi napoletani e casertani – negli ultimi anni stanno emergendo per attività di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita, investiti in loco da sodalizi provenienti dall’area napoletana nonché per la presenza, nella gestione di attività commerciali e del traffico di sostanze stupefacenti, di soggetti legati a consorterie ‘ndranghetiste, che hanno qui esteso la loro influenza tramite pregiudicati locali.
Entrando nel dettaglio, a Salerno si conferma il ruolo egemonico del clan D’AGOSTINO, per il quale il traffico e lo spaccio di stupefacenti, insieme all’usura, alle rapine ed alle estorsioni, restano le principali attività illecite.
Non mancano episodi violenti, in cui sono coinvolti giovani pregiudicati che gestiscono lo spaccio di stupefacenti, intenzionati ad affermare la loro leadership sul territorio di alcune zone cittadine, alcuni dei quali sono legati da rapporti di parentela con soggetti in passato ai vertici di organizzazioni camorristiche.

Nel territorio di Vietri sul Mare, dove in passato si era affermata una propaggine del gruppo BISOGNO di Cava dei Tirreni, è subentrata la famiglia APICELLA, anche questa oggetto, al pari della prima, di diverse indagini che ne hanno limitato l’operatività. A Cava de’ Tirreni, considerata la porta dell’agro nocerino-sarnese, permane l’influenza criminale di esponenti del citato clan BISOGNO, dedito prevalentemente alle estorsioni in pregiudizio di operatori economici, a cui si associano l’usura e il traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Recenti indagini hanno anche evidenziato l’operatività di un gruppo ben strutturato, gli ZULLO, articolazione del clan BISOGNO, dedito in a traffici di stupefacenti. Nei confronti dei ZULLO, il 5 marzo 2019, il personale della DIA di Salerno ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 8 soggetti per il reato di associazione di tipo mafioso. Il provvedimento scaturisce da un’attività investigativa operazione “Hyppocampus”), conclusa il 13 settembre 2018 con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, nei confronti di 14 indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione e usura, commessi con l’’aggravante del metodo mafioso, nonché per associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di stupefacenti. Nei mesi successivi, la stessa articolazione della DIA ha notificato due avvisi di conclusione delle indagini nei confronti di persone
legate sempre agli ZULLO, il primo per il reato di trasferimento fraudolento di valori, il secondo a carico di familiari del capo clan che avevano abusivamente occupato una casa comunale, già assegnata alla sorella del primo, assegnazione dalla quale era decaduta per effetto di un provvedimento emesso dal Comune a maggio 2019. A Mercato San Severino, comune della Valle dell’Irno, si conferma l’operatività del gruppo DESIDERIO, il cui promotore è originario di Pagani (SA).
Nei comuni di Baronissi, Fisciano e Lancusi permane l’influenza criminale del clan GENOVESE e del gruppo CIRILLO. Il 20 febbraio 2019, a Fisciano, personale della Polizia di Stato ha tratto in arresto un affiliato al clan D’AGOSTINO di Salerno, trovato in possesso di oltre 10 chili di marijuana.

A Castel San Giorgio, Siano e Bracigliano ha operato, almeno fino al 2010, un’articolazione del clan CAVA di Quindici (AV), scompaginata da diverse operazioni di polizia. Lo stesso è accaduto per nuove leve autoctone, le cui velleità criminali sono state prontamente stroncate dall’azione di contrasto delle Forze di polizia.
I Comuni della costiera amalfitana, non manifestamente interessati dalla presenza stanziale di gruppi criminali, non si sottraggono alle logiche di infiltrazione, nell’economia, soprattutto nel settore turistico-alberghiero da parte di sodalizi delle province di Napoli e Caserta.
Il territorio dell’Agro Nocerino-Sarnese è l’area della provincia dove in passato hanno operato alcune tra le più potenti organizzazioni camorristiche campane, poi sfaldatesi sia per fattori interni agli stessi sodalizi (decesso di carismatici capi clan, collaborazioni con la giustizia di elementi di vertice), sia in conseguenza dell’attività di Magistratura e Forze di Polizia che ne hanno disarticolato le strutture portanti. Dalle ceneri di quei clan sono sorti dei gruppi delinquenziali che, in stretta continuità con il passato, si sono dedicati alle estorsioni, allo spaccio di stupefacenti e all’usura, spesso guidati da soggetti con un consolidato spessore criminale, acquisito in anni di pregressa militanza in storiche consorterie. Tuttavia la loro “capacità” criminale non è stata sufficiente ad impedire sconfinamenti in quest’area da parte di consorterie operanti nelle confinanti province di Napoli ed Avellino.
Passando alle disamine del contesto criminale di Nocera Inferiore, questo appare estremamente fluido e dagli equilibri incerti. Si conferma l’operatività dello storico clan MARINIELLO, colpito da misure cautelari e provvedimenti di sequestro e confisca, e di nuovi gruppi criminali, sorretti da equilibri interni molto diversi dal passato, con capi e promotori, tra i quali anche alcuni cutoliani, che sembrano preferire la gestione di attività commerciali in cui reinvestono i profitti delle attività delittuose, lasciando la gestione di altri reati – dallo spaccio di stupefacenti e ai reati predatori, realizzati anche con azioni intimidatorie eclatanti – a soggetti emergenti. Tra i fiduciari del boss Raffaele CUTOLO, figura il capo del clan PIGNATARO (gruppo già egemone a Nocera fino alla metà degli anni ’90) coinvolto in un’indagine dei Carabinieri, conclusasi nel gennaio 2018, per i reati di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, tentata estorsione e corruzione elettorale aggravate dal metodo mafioso. Le investigazioni hanno fatto luce sui rapporti tra il vertice del clan e la locale amministrazione comunale, concretizzatisi nel sostegno elettorale assicurato dal sodalizio ad un consigliere, indagato, in cambio di delibere urbanistiche favorevoli e di assegnazioni di servizi pubblici. Nel mese di maggio 2019, è stato eseguito un provvedimento cautelare emesso del GIP presso il Tribunale di Pisa che ha riguardato un’associazione per delinquere finalizzata alla produzione, importazione e messa in commercio di succhi di frutta adulterati (operazione “Grimilde”, condotta dalla Guardia di Finanza). Al vertice dell’associazione figurano alcuni soggetti, uno dei quali vicino al sodalizio MARINIELLO-PIGNATARO di Nocera Inferiore (SA). Le bevande erano vendute a società di primaria importanza nel panorama commerciale italiano, come prodotto biologico proveniente dall’Unione Europea, mentre, viceversa, erano costituite o da una miscela di acqua e zucchero o da succo di provenienza da Paesi extra U.E. (Serbia e Cina), contaminato da pesticidi e tossine, da destinare anche al “baby food”. Le materie prime venivano lavorate presso due stabilimenti situati a San Miniato (PI) e a Cacak (Serbia). Da quest’ultimo Paese venivano introdotti in Italia tramite una connivente società di trasporti, utilizzando documentazione falsa al fine di farne figurare la provenienza da un’altra società con sede in Croazia, Paese inserito nell’U.E. Ad Angri, la collaborazione con la giustizia dei vertici dello storico clan NOCERA, alias i Tempesta, ha determinato una rapida evoluzione in seno alla stessa criminalità organizzata locale, che ha visto, di conseguenza, il tentativo da parte di giovani pregiudicati di imporsi per il controllo delle attività illecite nell’intera area, anche con il sostegno delle consorterie camorriste operanti nei limitrofi comuni dell’entroterra vesuviano.
A Pagani permane l’egemonia del clan FEZZA-PETROSINO D’AURIA che, forte di notevoli disponibilità economiche, ha mantenuto la presenza sul territorio, continuando a condizionare la vita politica locale, nonostante nel tempo sia stato colpito da diverse operazioni di polizia giudiziaria. A Sarno permane l’operatività del clan SERINO, con interessi nelle estorsioni, nell’usura, nel traffico di stupefacenti i cui proventi sono reinvestiti in attività commerciali o ricreative e di cui è stata accertata, in passato, la capacità di penetrazione nell’Amministrazione locale. Nell’area operano anche nuove leve emergenti, dedite prevalentemente a traffici di stupefacenti, come confermato da un’indagine dei Carabinieri conclusasi con l’esecuzione, il 6 febbraio, di un provvedimento cautelare che ha riguardato un’organizzazione dedita all’acquisto e al successivo spaccio di stupefacenti a Sarno.

A San Marzano sul Sarno e San Valentino Torio, la disarticolazione del gruppo ADINOLFI avrebbe lasciato spazio ad altre consorterie provenienti dalle province di Napoli e Avellino, e a nuove leve che, pur non contigue a contesti di camorra, operano comunque in modo organizzato.
Nell’area che comprende i comuni di Sant’Egidio del Monte Albino e Corbara, dopo la disarticolazione dello storico clan SORRENTINO, si conferma una situazione criminale dagli equilibri mutevoli, in un contesto delinquenziale dove, in assenza di una locale consorteria camorristica di riferimento, operano soggetti dediti prevalentemente al traffico e allo spaccio di stupefacenti. Nel periodo in esame si è conclusa un’indagine dei Carabinieri che ha riguardato truffe ai danni delle assicurazioni e di enti pubblici, con l’esecuzione, il 22 marzo 2019, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 soggetti ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate in danno dello Stato, operante anche nel comune di Sant’Egidio del Monte Albino. Gli indagati sono riusciti ad ottenere indebite erogazioni previdenziali e crediti di imposta per un ammontare di oltre 2 milioni di euro.
Il comune di Scafati, cerniera tra le provincie di Napoli e Salerno, rappresenta un crocevia di traffici di stupefacenti, reato nel quale concorrono affiliati ad organizzazioni locali con soggetti legati a consorterie napoletane, quali i clan CESARANO di Pompei, AQUINO-ANNUNZIATA di Boscoreale e D’ALESSANDRO di Castellammare di Stabia. Sul territorio è operativo il clan LORETO-RIDOSSO, nonostante i vertici e molti gregari siano stati arrestati.
Il sodalizio è dedito in prevalenza al traffico di stupefacenti, all’usura, alle estorsioni, i cui proventi sono reinvestiti
in attività economiche della zona. Confermata è anche la presenza dello storico clan MATRONE che, attraverso propri affiliati e grazie alla storica alleanza con il clan CESARANO di Castellammare di Stabia, gestisce traffici di stupefacenti ed estorsioni in danno di commercianti e imprenditori della zona. Proprio un provvedimento del gennaio 2019, di cui sono stati destinatari affiliati al gruppo MATRONE, ha fatto luce sulle descritte sinergie criminali.

Il comune di Eboli, situato nella Piana del Sele – area interessata dalla presenza di importanti insediamenti produttivi, in particolare dell’indotto caseario derivante dall’allevamento delle bufale – è stato per anni sotto l’influenza della famiglia MAIALE, depotenziata nel tempo da ripetute e incisive operazioni di polizia e dall’adesione di esponenti apicali e affiliati al programma di collaborazione con la giustizia.
Tuttavia, si rilevano tentativi da parte di pregiudicati vicini alla citata famiglia di ricostituirne la struttura e di rivitalizzarne l’operatività. Al riguardo, sono significative due operazioni. Nella prima, conclusasi nel mese di febbraio, sono stati convolti proprio il capo del gruppo MAIALE, già collaboratore di giustizia, l’amministratore di fatto di un caseificio di Eboli e un pubblico funzionario di Salerno, ritenuti responsabili, a vario titolo, di turbata libertà degli incanti ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, corruzione aggravata, false comunicazioni sociali e detenzione illegale di armi clandestine. La seconda operazione, conclusasi il 18 giugno 2019, con l’esecuzione da parte dei Carabinieri di un’ordinanza di custodia cautelare, ha riguardato un sodalizio dedito al traffico e allo spaccio di stupefacenti, con base operativa nel comune di Campagna, composto da soggetti inseriti nel gruppo DEL GIORNO, storicamente contiguo al clan MAIALE. Dalle indagini sono, inoltre, emerse relazioni con la famiglia GIORGI di San Luca (RC), per l’approvvigionamento dello stupefacente.
A Battipaglia e nelle aree limitrofe opera il sodalizio PECORARO-RENNA, retto da uomini di fiducia dei leader storici detenuti, che si occupano di gestire le estorsioni e le attività di spaccio demandate a una consolidata rete di pusher, stringendo anche accordi di collaborazione criminale e di mutua assistenza con sodalizi originari di altre province, quali i gruppi napoletani CESARANO e MALLARDO o con clan della stessa provincia salernitana (un tempo rivali), quali la famiglia DE FEO di Bellizzi. Al riguardo si cita l’esecuzione, il 15 aprile 2019, da parte della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri, di un provvedimento cautelare emesso a conclusione dell’operazione “Alleanza”, a carico di un’associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti operativa a Salerno e in diversi comuni della provincia dal giugno 2017. L’associazione era partecipata anche da pregiudicati legati ai gruppi DE FEO e PECORARO-RENNA, in passato rivali ma poi addivenuti ad un accordo per la gestione dei traffici di stupefacenti. La droga (cocaina, hashish e marijuana), veniva acquistata a Napoli, nei comuni di Torre Annunziata, Trecase e a Roma, per essere poi assegnata a una fitta e organizzata rete di spacciatori.
Nell’area che comprende i comuni di Bellizzi, Pontecagnano Faiano, Montecorvino Rovella e Pugliano permane l’operatività del citato clan DE FEO che, come emerso nella citata indagine “Alleanza”, ha adottato nuove strategie d’azione, stringendo accordi con altri gruppi per ampliare le piazze di spaccio.
Nel contesto territoriale dell’Alto Cilento, il centro più importante è il comune di Agropoli dove si registra la presenza della famiglia di nomadi stanziali MAROTTA, dedita a reati di tipo predatorio, all’usura, al traffico di stupefacenti e al riciclaggio, colpita, nel tempo, da diversi provvedimenti cautelari e di sequestro di beni. Rilevante è il fenomeno dei reati predatori, consumati anche da soggetti dell’hinterland partenopeo, che investe l’area dell’agropolese in modo particolarmente significativo, essendo la stessa caratterizzata da un’elevata vocazione, ma anche da un importante indotto costituito da aziende agricole e da insediamenti zootecnici. Sul territorio sono presenti anche elementi del clan napoletano FABBROCINO.
Nell’area di Capaccio-Paestum si segnala l’operatività del gruppo MARANDINO, il cui fondatore, in passato, è stato legato alla NUOVA CAMORRA ORGANIZZATA. Il sodalizio risulta attivo e dotato di risorse economiche consistenti, frutto di attività illecite, come emerso dall’esecuzione, a marzo, da parte di personale della DIA di Salerno, di un provvedimento di confisca di beni – due società, un vasto complesso immobiliare, auto di lusso, rapporti bancari, per un valore di circa 3 milioni di euro – nei confronti di un soggetto contiguo al citato clan.
Nei piccoli centri del medio e basso Cilento non si rileva la presenza di organizzazioni criminali ma la vocazione turistico-ricettiva, soprattutto della fascia costiera, rende il territorio appetibile per reinvestimenti di capitali illeciti. Il comprensorio, per la scarsa incidenza demografica e per la natura del territorio, è stato utilizzato, in passato, per la latitanza di esponenti della criminalità organizzata. Inoltre, pur non emergendo ingerenze e tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata in seno alle locali pubbliche amministrazioni, nel periodo in esame sono stati rilevati episodi legati alla corruzione di pubblici funzionari, come accertato dalla già citata indagine dei Carabinieri che, il 16 maggio 2019, hanno eseguito, nell’ambito dell’operazione “Kamaraton”, coordinata dalla Procura di Vallo della Lucania, una misura cautelare nei confronti di 11 soggetti, amministratori locali pubblici, responsabili a vario titolo di corruzione, peculato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, appalti truccati e distrazione di denaro pubblico.
Altro episodio legato al fenomeno della corruzione, è quello interessato da un’altra indagine dei Carabinieri, coordinata dalla Procura di Vallo della Lucania, che, il 14 maggio 2019, ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 4 soggetti – un imprenditore e tre funzionari dei Comuni cilentani di Cannalonga, Castellabate e Torchiara – ritenuti responsabili, a vario titolo ed in concorso, del reato di istigazione alla corruzione, finalizzata all’aggiudicazione di un appalto per il rifacimento della rete fognaria.
Per la sua posizione geografica, il Vallo di Diano è direttamente collegato verso il potentino con la Val d’Agri ed, in generale, con l’entroterra lucano, influenzato da pericolose ‘ndrine, il cui potere criminale incide fortemente anche nel comprensorio in disamina.
Nel recente passato, sono state accertate relazioni tra esponenti della criminalità locale e sodalizi più strutturati della Calabria e dell’area napoletana, soprattutto nel traffico di stupefacenti e negli investimenti immobiliari ed imprenditoriali. Le attività investigative condotte dalle Forze di polizia hanno, tra l’altro, delineato uno scenario criminale che vede operativi sul territorio due gruppi criminali, GALLO e BALSAMO, originari di Sala Consilina (SA), dediti al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e all’usura.

Autore dell'articolo: Redazione