La partita di ieri contro un Trapani affamato di punti salvezza era la classica prova del nove per la Salernitana, avvisata da tempo dal suo allenatore circa le insidie della sfida con i siciliani. Ventura, si ricorderà, già prima della gara col Benevento aveva dichiarato di essere più sereno alla vigilia del derby di quanto, poi, sarebbe stato prima di affrontare la banda di Castori. Questo perchè una squadra giovane e non abituata a vincere come la Salernitana può esaltarsi contro un avversario di rango e poi steccare contro una squadra di minore caratura. Per questo la partita di ieri era una sorta di esame di maturità, diverso dagli altri fin qui sostenuti. La Salernitana aveva l’obbligo di vincere per non deludere le aspettative dei tifosi e per restare nella scia delle seconde. I risultati delle altre formazioni della zona alta della classifica imponevano ai granata di rispondere con i tre punti con tutto il carico di responsabilità che da ciò derivava. Solo qualche mese fa, la Salernitana aveva steccato partite che le avrebbero aperto interessanti prospettive di classifica e, senza un salto di qualità dal punto di vista mentale, anche la partita di ieri avrebbe potuto riservare una delusione. Pur non giocando benissimo, anzi non giocando quasi nella ripresa, la Salernitana è riuscita a resistere, magari anche con un pizzico di buona sorte, ai tentativi del Tapani di pareggiare e, soprattutto, ha saputo convivere con l’ansia e la paura di non farcela. Una partita di sofferenza e carattere, a tratti sporca, richiedeva una interpretazione diversa, più matura, pragmatica, lucida e la Salernitana è stata brava sotto questo aspetto. Meno brillante in alcuni elementi, che hanno accusato la fatica dovuta alle tante partite di fila giocate, la squadra di Ventura ha saputo lottare e soffrire. Tra sei giorni, contro il Chievo, sarà un altro esame, ma la squadra di Ventura avrà meno ansie da prestazione e, forse, qualche certezza in più da esibire. Resta il rammarico di un mercato non condotto con la necessaria determinazione perchè una seconda punta più incisiva e precisa sotto porta avrebbe dato un’altra fisionomia all’attacco granata, ora più che mai aggrappato ai gol di Djuric, che sulla soglia dei trent’anni si sta scoprendo bomber quasi implacabile, in grado di puntare alla doppia cifra, traguardo mai raggiunto in carriera, ma al tempo stesso troppo solo là davanti, vista la latitanza in zona gol delle altre punte a disposizione di Ventura. E proprio il fatto di non essere riuscita a chiudere la partita ieri sera rende più prezioso un dato: per la seconda volta in stagione la porta di Micai è rimasta inviolata all’Arechi e, se col Pordenone fu quasi un dettaglio visti i quattro gol dei granata, ieri è stato un aspetto determinante proprio alla luce dell’unica rete realizzata.
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