IL POTERE DELLA MUSICA COME STRUMENTO INTEGRATIVO DELLA TERAPIA LOGOPEDICA

E’ considerata acquisizione unanime dalla notte dei tempi l’importanza specifica della musica in ambito terapeutico, con le prime attestazioni risalenti a numerose civiltà del mondo antico ed il concetto di “musicoterapia” – in quanto disciplina scientifica – concretamente formulato solo nel diciottesimo secolo.
Presso il Renzullo Centro di Riabilitazione in Sarno, il potere della musica quale strumento integrativo della terapia logopedica è realtà ormai da diverso tempo, come confermato dalla dottoressa Angela Ferrentino, logopedista e musicista con alle spalle un master in Musicoterapia:
“Al Renzullo Centro di Riabilitazione non pratichiamo ancora la musicoterapia come tradizionalmente intesa, ma il mio approccio si caratterizza per l’impiego della musica in quanto strumento integrativo e di supporto alla pratica logopedica.
Occorre partire dall’assunto che tra il linguaggio e la musica ci sono tante analogie: entrambi utilizzano codici per trasmettere informazioni, codici dotati di un proprio senso ed un proprio sistema di regole. Il linguaggio verbale e quello musicale dipendono dagli stessi tipi di elaborazione uditiva di base, infatti il lobo temporale sinistro, da cui dipende l’elaborazione del linguaggio musicale, è il medesimo da cui dipende la produzione del linguaggio parlato e scritto. Più precisamente, è stato verificato che lo studio della musica esercita un’influenza nel rafforzamento dei processi uditivi della corteccia e risulta essere correlato con lo sviluppo di alcuni aspetti specifici del linguaggio, in particolare la discriminazione dell’altezza dei suoni, la sensibilità alla percezione della prosodia, il rafforzamento della memoria verbale e lo sviluppo della capacità di lettura”. Al netto di ciò, risulta chiaro che la musica è in grado di apportare un contributo allo sviluppo e al potenziamento dei meccanismi uditivi per la prevenzione e il trattamento delle difficoltà del linguaggio:
“Strumenti e metodologie sono innumerevoli, – continua la dottoressa Ferrentino – è possibile attraverso il cosiddetto memory uditivo costruire insieme al bambino questo set didattico utilizzando dei barattoli con all’interno materiali di varia natura (sassolini, campanellini, perle di vetro, etc…) che possano produrre suoni differenti, mettendo così in gioco abilità fino-motorie e richiedendo un certo investimento attentivo per completare l’attività di costruzione; il processo di identificazione degli strumenti musicali, l’esercizio di memoria sequenziale dei suoni ed i fonemi in musica sono altre pratiche ampiamente adoperate. In quest’ultima si utilizzano piccole storielle musicate come strumento percettivo-uditivo: in ogni storia un fonema o un gruppo consonantico diviene protagonista e assume una centralità sulla quale ruota la base musicale. Questo serve per migliorare l’umore e la motivazione, fattori indispensabili per l’apprendimento, aumentare il livello di attenzione uditiva e di comprensione, sviluppare la memoria verbale di parole e frasi, fissare l’attenzione su elementi prosodici e stimolare in modo non richiestivo la produzione orale”.
Un ausilio – quello dei suoni – che giova e non poco nella terapia logopedica, rivolta anche ai bambini autistici, i quali necessitano di uno strumento d’aggancio che riesca a creare il primo, fondamentale contatto diretto con l’altro:
“A qualsivoglia età, la musica è considerata un potente strumento di apertura all’altro, uno stimolo che permette di ricostruire con gradevolezza ed efficacia uno scambio relazionale a tutti gli effetti, quindi, in linea generale, può essere uno strumento privilegiato per lavorare con bambini affetti da disturbo dello spettro autistico. Il primo e più prezioso strumento musicale è la voce stessa del terapista che, attraverso il canto, può utilizzare una vasta gamma di frequenze, volumi e intonazioni prosodiche che possono favorire l’aggancio visivo, il contatto oculare e, di conseguenza, quello attentivo. Il suono, insomma, può divenire mediatore di una vera e propria relazione sonora, di uno scambio empatico a tutti gli effetti. Le attività musicali, a tal proposito, possono potenziare l’ascolto attivo, modulare le alterate percezioni uditivi e tattili, promuovere l’attenzione verso gli oggetti (in questo caso, strumenti) nonché favorire l’intenzionalità comunicativa e in alcuni casi la produzione del linguaggio. Il bambino autistico può essere guidato dall’operatore fino alla condivisione di un qualunque strumento musicale e all’alternanza del turno nell’uso dello stesso, proprio come avviene all’interno di in uno scambio comunicativo verbale”.
Un presente d’eccellenza, quello che contraddistingue il Renzullo Centro di Riabilitazione, ed un futuro ancor più esaltante, con la volontà di rendere la musicoterapia realtà concreta di una struttura pronta a rispondere all’esigenze dei propri pazienti:
“Il Renzullo Centro di Riabilitazione – conclude la dottoressa Ferrentino – cerca sempre di rispondere alle esigenze dell’utenza e lo fa nel migliore dei modi: le richieste relative alla Musicoterapia non arrivano mai dall’ASL perché non si tratta di una terapia prescrivibile, ma la volontà è quella di arricchire ulteriormente l’offerta con una modalità d’approccio alla base della quale il potere, evocativo e non solo della musica, possa rappresentare sempre più uno strumento nei campi d’applicazione terapeutici contemplati”.

Autore dell'articolo: Redazione