NUOVA ROTTA DEL CAPORALATO ETNICO: 35 MISURE CAUTELARI –

Aggiravano la normativa presentando copia della domanda Unilav, così come previsto Decreto Flussi autorizzando l’ingresso in Italia di lavoratori extracomunitari consentendone il permesso di soggiorno della durata di un anno anche senza mai regolarmente lavorare. A farne richiesta gli imprenditori agricoli che ricevevano denaro in cambio in media circa mille euro. I migranti pagavano invece dai 5mila ai 12mila euro per la falsa documentazione finendo a lavorare anche nei campi a nero. All’organizzazione criminale arrivavano non solo i soldi per i permessi di soggiorno, ma anche per il caporalato. E’ questa in

sintesi l’operazione sull’immigrazione clandestina del comando Provinciale dei Carabinieri di Salerno scattata alle prime luci dell’alba in vari comuni della provincia di Salerno e in altre città italiane condotta con il supporto del 7° Nucleo Elicotteri di Pontecagnano, del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro dì Salerno e del personale dei Comandi Provinciali Carabinieri di Matera e Pistoia. In azione circa duecento militari.
Il blitz è scattato in dieci comuni salernitani: Battipaglia, Eboli, Montecorvino Pugliano, Olevano sul Tusciano, San Marzano sul Sarno, Pontecagnano Faiano, Nocera Inferiore, Pagani, Altavilla Silentina ed Angri. Ma, contemporaneamente, anche a Policoro (Matera) e Monsummanno (Pistoia). I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa, su richiesta della Procura e dal Gip del tribunale di Salerno, nei confronti di 35 indagati (27 arresti domiciliari e 8 obblighi di dimora e di presentazione alla Polizia Giudiziaria accusati, a vario titolo, di “associazione per delinquere” finalizzata al “favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina”, “intermediazione illecita e sfruttamento di lavoratori con o senza permesso di soggiorno”, “riduzione in schiavitù” e “tratta di persone” ed altro. Dei 35 indagati, otto non sono stati rintracciati e continuano ad essere ricercati. L’inchiesta è partita nell’agosto 2015 per fare luce sul fenomeno del caporalato nella Piana del Sele. Le indagini, condotte sia con metodi tradizionali che con intercettazioni, hanno consentito di scoprire le dinamiche di un fenomeno ben più complesso, in cui lo sfruttamento dei migranti nei lavori agricoli, sia clandestini che regolarmente presenti in Italia.
Oltre ai permessi di soggiorno falsi, che secondo le stime dei carabinieri hanno generato proventi per oltre 6 milioni di euro a partire dal 2012, c’erano anche i guadagni del caporalato. Che erano probabilmente la parte più consistente del giro di affari dell’organizzazione. A capo del gruppo, Hassan, detto “Appost”, che gestiva il business dei migranti…..
I militari hanno ricostruito ruoli, gerarchie e modus operandi di una organizzazione criminale con base nel Salernitano e ramificazioni in altre città e con appoggi anche in Francia, Belgio e Marocco, che riusciva a far entrare illegalmente in Italia i migranti extracomunitari e poi li riduceva in schiavitù. Dell’associazione facevano parte sia stranieri sia italiani; tra questi ultimi c’erano numerosi imprenditori agricoli e alcuni professionisti, tra cui un consulente del lavoro.
Al vaglio degli inquirenti anche la posizione di 400 lavoratori, arrivati in Italia tra il 2015 e il 2018, che avevano ottenuto un permesso di soggiorno stagionale per motivi di lavoro; le pratiche erano state gestite per via telematica nell’ambito del cosiddetto “decreto flussi”.

Autore dell'articolo: Barbara Albero