Tre gol al passivo, come due anni fa, nella notte del ribaltone che portò all’esonero di Torrente ed al ritorno di Menichini. La Salernitana va in barca al Picco, che si conferma stadio tabù, pagando limiti cronici, una programmazione tecnica inconsistente e contraddittoria, errori dei singoli e, certamente, anche qualche svista arbitrale. Una squadra forte, costruita per veleggiare in zona playoff, però, non può avere alibi di sorta. La cronaca dei novanta minuti del Picco è quella di una morte annunciata, una sconfitta – per dirla in termini meno drammatici – che era nell’aria tanto che basterebbe a tal proposito vedere e rivedere l’azione del primo gol. Lo Spezia ha lasciato giocare i granata, ben consapevole della mancanza di peso offensivo della squadra di Colantuono, costretta ad attaccare con molti uomini per creare qualche pericolo ai liguri, giacchè nessuno dei singoli avrebbe potuto tirar fuori il colpo risolutore. Ed allora, dopo una paziente attesa, lo Spezia ha colpito, approfittando di un errato posizionamento della difesa granata, distratta e sguarnita sulla sua destra da dove è partito il cross di Mastinu che ha trovato pronto all’appuntamento Pessina sul palo opposto. Passata in svantaggio, la Salernitana ha protestato per un mani in area spezzina e per una evidente trattenuta ai danni di Tuia, ma ha costruito poco. Nella ripresa, Colantuono si è giocato la carta Rosina, ma, neanche il tempo di passare al 4-3-3, che lo Spezia ha raddoppiato con Marilungo, scappato a Vitale, autore dell’ennesima prova disastrosa in fase difensiva. A quel punto, a risultato compromesso, Colantuono ha dato minuti ad Akpro ed ha sperato di riaprire i giochi quando Bocalon, tutto solo, ha avuto sulla testa il pallone dell’uno a due ma non ha inquadrato la porta, replicando i clamorosi errori di mira commessi contro Parma, Cesena e Frosinone nel girone di andata. Dall’altra parte, il neo entrato Granoche non si è fatto pregare per siglare il gol del tre a zero. La differenza, in fondo, è tutta qua.
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