Ritrovare la vittoria per ritrovarsi. Se vincere fa bene al morale e, si spera, aiuta a vincere, a Giuseppe Sannino il successo in rimonta di domenica scorsa contro la Ternana dovrebbe aver giovato non poco. L’astinenza pesava, eccome, al tecnico forse ancor più che alla squadra, perchè sul suo capo pendeva la spada di Damocle dell’esonero. E’ vero che Mezzaroma e Fabiani lo avevano difeso e blindato, ma le sottolineature di Lotito lasciavano aperto uno spiraglio che poteva diventare una crepa e, qualora non fossero arrivati i tre punti, non è da escludere che la situazione sarebbe potuta diventare caldissima. Sannino, a fine partita, non aveva un’espressione distesa. I fischi che ne hanno accompagnato l’uscita dal campo, il malumore della tifoseria per i risultati e, soprattutto, per le sue scelte lo hanno colpito, segnato. Sembra passato un secolo da quando, appena giunto a Salerno, il tecnico di Ottaviano dispensava sorrisi, cortesia, ottimismo, dando di sé l’immagine di una persona aperta al dialogo, pronta al confronto, ben disposta al contatto con la gente. Correndo all’alba per le strade cittadine, fermandosi al bar per la colazione e la lettura dei quotidiani, Sannino aveva offerto alla gente di Salerno un volto umano, l’idea di una persona alla mano, parte integrante e non corpo estraneo rispetto ad un tessuto sociale che trasuda passione per la squadra di calcio, ma che chiede e si aspetta tanto in virtù del tanto amore che elargisce. Sono bastate poche settimane, quattro o cinque giornate di campionato, per assistere ad una metamorfosi. Almeno in superficie, almeno per quanto ci è dato vedere, cogliendo sfumature e stati d’animo da una prospettiva non certo privilegiata. Il Sannino che non accetta le critiche e spesso ritiene di non dover rispondere alle domande della stampa, giudicandole inappropriate o prevenute, è tutt’altra persona rispetto a quella che si era presentata a luglio ed aveva cominciato l’avventura in granata. Le pressioni, lo stress da panchina, il peso di dover fare risultato incidono non poco e, forse, sul suo malessere incide anche il fatto che la rosa granata non sia stata concepita per il 4-4-2 che è il suo marchio di fabbrica e che è il modulo su cui ha lavorato di più in estate in attesa che arrivasse Rosina, il regalo di Lotito alla piazza, ma anche il grande dilemma tattico di questo primo terzo di stagione. Sannino lo ritiene indispensabile, eppure non è ancora riuscito a dargli una precisa collocazione in campo. Sannino non ci sta e, quando si affronta questo argomento, spesso si inalbera, ma parlare di calcio implica tutto questo: che si parli dei singoli come del modulo, della tattica come degli episodi che spesso determinano la storia di una partita. Spiegare e rispondere è il compito che spetta a chi decide ed un allenatore dovrebbe saperlo. Non si può piacere a tutti, ma neanche pretendere che non ci siano critiche, obiezioni o semplici domande. Non si devono rincorrere streghe o fantasmi, ma semplicemente si dovrebbe cercare il dialogo per capirsi e farsi capire e, magari, rendere più chiari dei punti che restano in ombra. Sannino ha parlato di cappa grigia che lo accompagna, di un clima di scetticismo e sfiducia che lo circonda e che gli pesa, ma, a volte, nuvole e brutti pensieri non sono al di fuori di noi ma dentro noi stessi. Lui che sa cosa voglia dire la gavetta, che non ha sempre e solo vissuto di calcio e nel calcio, ma ha conosciuto la sofferenza e la fatica non può e non deve cadere nel vittimismo. Chi accetta di fare calcio a Salerno, deve sentirsi pronto a reggere determinate pressioni che sono il rovescio della medaglia del grande attaccamento alla maglia. Del resto, un allenatore è giudicato sulla base del gioco e del modo in cui si esprime in campo la sua squadra e questa Salernitana, per ora, non ha avuto continuità nè sul piano del rendimento nè delle prestazioni. Non è solo colpa di Sannino, ci mancherebbe, ma l’allenatore è l’anello più debole della catena e spesso paga anche al di là dei suoi demeriti. E’ la legge crudele del calcio che, però, può essere ribaltata attraverso il lavoro ed i risultati. Fiducia ed equilibrio, entusiasmo e dialogo: la ricetta per superare i momenti difficili potrebbe essere più semplice di quanto si pensi.
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