Prima o poi dovevano ritrovarsi. Appuntamento in Laguna per la Salernitana e Walter Zenga, giramondo delle panchine dopo aver indossato i panni dell’Uomo Ragno da portiere. Zenga ha ereditato dal papà, che giocò anche nel Napoli, la vocazione di estremo difensore, e, prima di diventare il simbolo e l’idolo dei tifosi interisti, s’è svezzato a Salerno. Le sue lacrime dopo i due gol in pochi minuti incassati dal folletto Del Prete, in una gara interna col Pisa, commossero il Vestuti e sono ancora oggi argomento di discussione e prezioso materiale per gli amanti della storia granata, quella fatta di aneddoti che si tramandano di padre in figlio. Dici Zenga e pensi a Colantuono, non solo perchè i due hanno allenato entrambi a Palermo, ma anche per i comuni trascorsi a San Bendetto del Tronto. Due anni da protagonista per l’Uomo Ragno che al Riviera delle Palme conquistò la promozione in B prima di tornare alla casa madre Inter. L’attuale tecnico granata finì la carriera da calciatore nelle Marche e cominciò quella da allenatore con una promozione dal sapore di impresa in terza serie ed il doppio salto mancato per un pelo. Solo pochi giorni fa, poi, la Salernitana ha giocato allo Scida contro quel Crotone che Zenga prese in corsa l’anno passato, dopo aver vinto il ballottaggio per la panchina proprio con Colantuono. Zenga e la Salernitana non si sono mai incontrati da quando l’ex numero uno delle notti magiche del ’90 ha intrapreso la carriera da allenatore, ma l’esperienza in granata è rimasta nel cuore dell’eterno guascone milanese che l’ha spesso ricordata anche sui social. Perchè quelle lacrime sono state la base di partenza per una carriera ricca di soddisfazioni ed hanno contribuito a forgiare il carattere di Zenga che domenica sarà per la prima volta avversario dei granata nelle vesti di allenatore. Il suo avvento in Laguna ha rivitalizzato il Venezia che ha conquistato cinque punti in tre gare nonostante un percorso sulla carta difficile, visto che ha incontrato Verona, Palermo e Cremonese, quest’ultima stesa grazie ad un gol di Di Mariano, nipote di quel Totò Schillaci che fu l’eroe di quelle notti magiche cui mancò il sigillo finale anche a causa di quell’improvvida uscita di Zenga contro l’Argentina nella semifinale mondiale. Un buco nero nella rete dell’Uomo Ragno che domenica ripenserà, forse, anche a quelle lacrime in maglia granata. L’inizio di una storia con tanti sorrisi.
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