In seguito allo sbarco della nave norvegese “Siem Pilot” con 545 migranti a bordo, provenienti da Eritrea, Somalia, Siria, Egitto, in data 1 Aprile. Siamo venuti a conoscenza del probabile respingimento di 15 cittadini egiziani. Se ciò fosse accaduto non sarebbe stata data loro la possibilità di fare richiesta di asilo politico e gli sarebbe stato consegnato un decreto di espulsione.In tal caso sarebbero stati respinti senza rispettare le formalità e le garanzie di difesa previste dalle Convenzioni internazionali e dalla normativa interna, ribadite più volte dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, ade es., nel 2011 ha condannato l’Italia sul caso El Dridi per il mancato rispetto della direttiva comunitaria 2008/115/CE sui rimpatri, e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che il 23 febbraio del 2012 ha condannato l’Italia per i respingimenti collettivi in Libia, per la violazione dell’art. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti) dell’art.13 ( diritto di difesa) e dell’art. 4 del Protocollo IV allegato alla CEDU ( divieto di respingimenti ed espulsioni collettivi).Ancora una volta i respingimenti risulterebbero essere pratiche arbitrarie delle polizie, quando l’unico organismo, deputato dalla legge, in via esclusiva, a decidere se la domanda di protezione vada accolta o meno (e anche se sia manifestamente infondata o meno, come chiarisce la circolare di cui sopra) è la Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale, presieduta dalle Prefetture, che dovrebbero ben conoscere le procedure, e dovrebbero invocarne il rispetto. Esistono casi in cui la domanda di protezione può essere rigettata per “manifesta infondatezza”. Ma lo stesso Ministero dell’Interno, con circolare n. 3718 del 30 luglio 2015, chiarisce che “il rigetto per manifesta infondatezza può essere adottato solo dopo una completa intervista personale del richiedente asilo”, dunque non in base alla semplice verifica della sua nazionalità. Precisiamo che il potenziale richiedente asilo andrebbe informato del suo diritto a chiedere protezione, ed eventualmente decidesse di chiederla, la domanda andrebbe raccolta senza alcun ostacolo. Proprio in questo periodo, in seguito al gravissimo caso Regeni, si sta rimettendo in luce quanto il paese Egitto non sia affatto un paese sicuro né per chi vi si reca né tantomeno per chi vi risiede. Negli anni Amnesty International con diversi rapporti ha denunciato la mancanza del rispetto dei diritti umani. In particolare il rapporto del 2015 così recita “Amnesty International denuncia come il paese sia tornato completamente a essere uno stato di polizia.”Due anni dopo l’estromissione del presidente Mohamed Morsi, alle proteste di massa sono subentrati arresti di massa. Attaccando senza sosta i giovani attivisti egiziani, le autorità stanno spezzando le speranze in un futuro migliore di un’intera generazione” . E d ancora” La Legge sulle proteste, entrata in vigore nel novembre 2013, autorizza le autorità a arrestare e processare dimostranti pacifici a loro piacimento e criminalizza la mera azione di scendere in strada senza previa autorizzazione. Inoltre, dà alle forze di sicurezza mano libera per ricorrere alla forza eccessiva e letale nei confronti di manifestanti pacifici. La Legge sulle proteste è diventata la corsia preferenziale per imprigionare manifestanti pacifici, trattati alla stregua di criminali.
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