IL CALCIO PIANGE MIHAJILOVIC –

La notizia della scomparsa di Sinisa Mihajilovic ha sconvolto il mondo del calcio. Nella giornata di ieri ed anche in queste ore continuano a rincorrersi messaggi di cordoglio e ricordi legati all’ex calciatore e poi allenatore serbo, cresciuto in fretta per le note vicende della guerra in Jugoslavia e capace di diventare sentenza ogni qualvolta calciava un calcio di punizione. Anche la Salernitana ha immediatamente manifestato il suo cordoglio per la scomparsa dell’ex allenatore del Bologna. “L’U.S. Salernitana 1919, il Presidente Danilo Iervolino, i dirigenti, l’allenatore, i giocatori e tutto lo staff si stringono attorno al dolore del mondo del calcio per la scomparsa di Siniša Mihajlović e rivolgono alla sua famiglia il più sentito cordoglio”. Essenziale, ma profondo e toccante il messaggio social di Davide Nicola: Grazie per il tuo immenso coraggio. Ciao, Sinisa. Dopo aver incrociato da calciatore Mihajilovic in occasione delle sfide con la Lazio in serie A nella stagione 1998- 1999, la Salernitana lo aveva ritrovato sul suo cammino all’esordio in massima serie nella scorsa stagione. A Bologna finì 3-2 al termine di un match appassionante, intenso, da montagne russe per i felsinei, costretti due volte a rimontare i granata di Castori, prima di piazzare la stoccata vincente. Al ritornò fu 1-1 con il gol del pari di Zortea per la Salernitana. Stesso punteggio anche lo scorso primo settembre al Dall’Ara. Mihajilovic non era contentissimo di alcune scelte di mercato della società di Saputo ed il suo feeling con il ds Sartori era stato messo a dura prova dall’ingaggio di Posch, appreso dal serbo dalla tv. In tribuna stampa i cronisti bolognesi ne parlavano senza farne mistero. Dopo la partita, davanti a telecamere e taccuini, MIhajilovic era stato disponibile ma anche orgoglioso nel difendere i meriti del suo Bologna e severo nel sottolineare la mancanza di rabbia della sua squadra nel difendere l’uno a zero, sprecando alcune occasioni per il raddoppio e mostrando leggerezza nella propria area di rigore. “A tre minuti dalla fine il pallone si buca, non si rinvia”, aveva detto. Quando calciava lui, quel pallone volava. Veloce, forte, imprendibile. Portieri e barriere non avevano scampo. Dalla storica Champions con la Stella Rossa nella finale decisa ai rigori al San Nicola di Bari ai trionfi con Lazio ed Inter, e poi le panchine di Bologna, Catania, Samp, Milan, Fiorentina, Toro ed ancora Bologna con in mezzo l’esperienza da ct della sua Serbia. Un guerriero, un leone, un eroe come lo ha definito Zdenek Zeman, che aveva ricevuto la sua visita a sorpresa lo scorso primo dicembre in occasione della presentazione del suo libro, a Roma. Anche Sinisa aveva scritto la sua autobiografia, intitolata La partita della vita. Nella prefazione scrive: Non so cosa mi riserverà ancora il futuro, ma so che rivivrei e rifarei tutto, nello stesso modo. Anche gli sbagli, anche i dolori. Perché non esistono vite perfette. E sarebbero pure noiose. Ho vissuto ogni partita come fosse la vita. E la vita come fosse una partita. Se oggi sono quello che sono, è grazie a tutto quello che mi è successo. Mettetevi comodi, perché sto per raccontarvelo.

Senza barriere e senza filtri, come quando calciava le punizioni o come quando parlava di calcio, era vero e diretto. Era Sinisa.

Autore dell'articolo: Nicola Roberto