QUANDO TUTTO SI DECIDE IN 11 METRI

La fase ad eliminazione diretta degli Europei sta per iniziare. E in molti staranno pensando che c’è la possibilità che molte partite non durino solo 90 minuti. Ma non è ai tempi supplementari che si pensa quando viene in mente quell’idea, ma bensì ai fatidici calci di rigore. Quel dischetto è fonte di sentimenti e stati d’animo a dir poco alterni.

Anche parlando semplicemente solo d’Italia, sono tanti i momenti in cui il nostro destino è stato legato a quei tanto discussi undici metri. Certo, il primo ricordo è quello meraviglioso del Mondiale 2006 vinto con la Francia. Ma tante volte per noi i penalty sono risultati fatali. Basti pensare a Usa 1994 e Francia 1998. Per tanto tempo infatti si è parlato di maledizione rigori. Siamo certi che Antonio Conte, sempre molto meticoloso, dedicherà una parte dei suoi allenamenti ai tiri dal dischetto. Perché è sempre meglio farsi trovare pronti. A volte un semplice movimento può davvero decidere tutto.

E’ molto probabile che in molti si siano chiesti, o continuano a chiedersi, che cosa pensi un calciatore quando si appresta a battere un calcio di rigore. Sicuramente non è un caso che ogni squadra abbia una lista di rigoristi e difficilmente questa viene ribaltata. Perché, per quanto sia opinione comune che battere un rigore non è cosa poi così difficile, non tutti sono in grado di farlo. Ci vogliono freddezza, lucidità e capacità di resistere alle pressioni, che possono essere molteplici, come, ad esempio, anche i semplici fischi ed insulti dei tifosi avversari o i movimenti del portiere. Insomma, senza girarci troppo attorno, si può tranquillamente dire che è anche una questione di psicologia.

Il professore Igacia Palacios-Huerta della London School of Economics ha analizzato ben 1343 calci di rigore in 129 partite terminate in parità dopo i tempi supplementari. Ciò che colpisce del suo studio analitico condotto per Sports.Bwin.it è che, nel 60,5% dei casi, la squadra che ha tirato per primo si è poi portata a casa la vittoria. Come se iniziare fosse un modo per allentare l’ansia e per dare un segnale importante, soprattutto a sé stessi e ai propri compagni. Ed è anche abbastanza ovvio è normale che la tensione che si avverte nella lotteria dei rigori è ben diversa da quella che si ha in un normale penalty tirato durante i 90 minuti. Ed è per questo che molte volte quella fatidica lista è stato oggetto di discussioni e polemiche. Molti calciatori avranno detto “No mister io proprio non me la sento”. E là si è costretti a decidere e a scegliere, optando magari per chi non è puramente rigorista, ma è psicologicamente più forte.

Appare veramente difficile costruite il prototipo del rigorista perfetto. Viene mente, ad esempio Gonzalo Higuain. L’argentino è una vera e propria macchina da guerra e da gol. Eppure di rigori ne ha sbagliati. E anche decisivi. Vedere Napoli-Lazio e Argentina-Cile. Perché è una questione di testa e non solo fisica e tecnica. Vuoi vedere che le squadre che assumono i mental coach hanno già capito tutto? Ai posteri l’ardua sentenza. Anzi, ai dischetti.

Autore dell'articolo: Redazione