Per il referendum costituzionale a Salerno ha votato il 66.90% degli aventi diritto al voto. Un’affluenza molto alta, anche se leggermente inferiore a quella delle elezioni comunali e regionali. Dal punto di vista politico l’onda del No che a livello nazionale ha toccato il 60%, ha travolto non solo la Campania dove il SI è attestato intorno al 32%. Per la prima volta anche la roccaforte elettorale del governatore Vincenzo De Luca, la città di Salerno, ha pagato dazio; il SI non si è discostato dal trend nazionale sfiorando il 40%. Ancora più ampia la forbice in provincia dove il no ha raggiunto il 65%! Dunque la debacle renziana non ha risparmiato proprio nessuno, compreso la Campania e la città di Salerno dove, solitamente, il PD ha sempre fatto registrare successi schiaccianti, con percentuali intorno al 70%. Nulla da fare, il vento del no, dell’anti-renzismo non ha risparmiato proprio nessuno, inducendo – oggi – le forze d’opposizione a spingersi, nell’analisi del voto, in considerazioni che vanno ben oltre il mero dato referendario. Inevitabile, allora, che partendo da questo dato si tenda a mettere in discussione anche l’establishment costituito sia a livello regionale che comunale. Per quanto sostenuti da maggioranze forti, De Luca a palazzo S. Lucia e Vincenzo Napoli a Palazzo di Città devono fronteggiare attacchi, in qualche caso anche scomposti, che giungono dalle varie anime del complesso schieramento delle opposizioni. Sarà costretto a guardarsi le spalle in particolare Vincenzo De Luca soprattutto ora che, persa la protezione di Matteo Renzi, sarà costretto ad affrontare sfide importantissime senza avere un governo “amico” al suo fianco. Molto, allora, dipenderà da quello che sarà il nuovo quadro di Governo visto che sono ancora in stand by diversi e importanti contributi governativi per la Regione Campania. A cascata l’empasse potrebbe toccare anche il comune capoluogo che sta provando a rialzarsi facendo leva proprio sulla forza di una Regione finalmente “amica” che però ora sarà costretta a confrontarsi con un governo centrale necessariamente, obbligatoriamente, meno partigiano rispetto a quello che Renzi ha voluto legittimamente mandare in soffitta.
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