UN FIUME ILLEGALE DI ORO NERO DA 25 MILIONI DI EURO –

Ruota attorno ad importanti famiglie mafiose, riconducibili ai clan dei Casalesi e ai clan mafiosi tarantini l’operazione che ha visto al lavoro i comandi provinciali dei carabinieri e della Guardia di Finanza di Salerno e del nucleo di polizia economica

finanziaria di Taranto con il lavoro della direzione distrettuale antimafia di Potenza e Lecce in un’indagine congiunta che ha riguardato le province di Salerno, Napoli, Avellino, Caserta, Cosenza e Taranto.Il core business era rappresentato da un contrabbando di idrocarburi che ha cagionato allo Stato danni economici per 25 milioni di di euro con un eguale guadagno per i sodalizi criminali. Sono complessivamente 45 le misure cautelari personali e messe, 26 in carcere, 11 agli arresti domiciliari, sei destinatari di divieto di dimora e due misure interdittive dall’esercizio delle rispettive funzioni di due carabinieri. Il filone investigativo che ha riguardato in modo particolare la provincia di Taranto ha fatto emergere l’esistenza di un’associazione di

stampo mafioso risorta dalle ceneri di altri sodalizi e che si è ricompattata attorno alla figura tarantina di Michele Cicala già condannato per estorsione aggravata e metodo mafioso. il sodalizio si è caratterizzato per una grande capacità di controllo del territorio e dei traffici illeciti. Per quanto riguarda la provincia di Salerno l’attenzione si è concentrata sulla posizione della società carburanti Petrullo di San Rufo e più in generale sulle società di carburanti del gruppo che aveva catturato l’attenzione delle forze dell’ordine per una serie di incongruità come l’inspiegabile aumento esponenziale di fatturato e degli investimenti nel giro di pochi anni. Un vero e proprio boom economico che coincideva con l’ingresso nelle compagine societaria e dei petroli quale socio e gestore di fatto dei componenti della famiglia casertana di Raffaele Diana, i cui componenti avevano investito nell’impresa. Dall’inizio del 2019 sono state quindi eseguite sia dalla Dda di potenza che da quella di Taranto una serie di attività come intercettazioni telefoniche ambientali che nel giro di 14 mesi dall’inchiesta con il supporto del nucleo di polizia economica finanziaria della Guardia di Finanza di Salerno ha avviato una verifica fiscale nei confronti delle società del gruppo fino a appurare diverse condotte evasive nella compravendita di prodotti petroliferi e reati di contrabbando oltre a frodi sull’Iva e anche estorsioni e truffe per agevolare il clan dei Casalese attraverso la penetrazione in un nuovo territorio. Da subito è stato accertato che la società attiva nel mercato del commercio dei prodotti energetici era in concreto diventata il canale privilegiato attraverso il quale la famiglia Diana che tra l’altro inquisita per aver avvelenato nel tempo la propria terra di origine con il traffico di rifiuti si era infiltrata nel tessuto economico sociale del vallo di diano stringendo un patto scellerato con Massimo Petrullo titolare dell’omonima società di carburanti e oggi considerato avamposto di casa lisi nel ballo. I capitali lecitamente acquisiti venivano reimpiegati nell’acquisizione di beni immobili e quote societarie in uno economia illecita circolare che ha permesso alla famiglia di affermarsi leader nella compravendita illegale di idrocarburi. Tra i due gruppi quello campano-lucano è quello tarantino dopo una stretta e proficua collaborazione sono però via via sorte fibrillazioni soprattutto legate al fatto che il Petra l’ho reso sì conto di aver quasi complessivamente perso la gestione della propria società ormai di fatto in mano ai Diana aveva tentato di stringere un patto con il clan tarantino. Un altro degli illeciti commessi era la vendita di ingenti quantità di carburante per uso agricolo che come noto beneficia di particolari agevolazioni fiscali per essere invece immesso nel mercato delle pompe bianche con un guadagno di circa il 50% sul costo effettivo. Una vera e propria miniera di oro nero. Tra i comportamenti illeciti emersi al termine delle investigazioni la partecipazione a una gara per la fornitura di carburanti a favore del consorzio di bonifica di bacini del Tirreno cosentino aggiudicata attraverso un accordo irregolare garantito dalla vicinanza con un esponente della criminalità locale ed anche il ruolo di informatore tenuto da un carabiniere infedele che in cambio di svariate taniche di gasolio poi venduti a terzi ha fornito al sodalizio informazioni recenti l’attività di indagine a carico dei consociati. L’arma d’intesa con l’autorità giudiziaria ha immediatamente assunto provvedimento di rigore contro il suo militare trasferendolo in un incarico non operativo.

Autore dell'articolo: Monica Di Mauro